A voler complicare le cose, come al solito, (siamo in Italia), probabilmente per motivi più politico elettoriali, basati su antichi pregiudizi, più che su fatti e dati scientifici, in questo panorama di ritrovato entusiasmo, il Ministero della Salute, che naturalmente si trova al centro della gestione di tutte le autorizzazioni necessarie riferite alla Cannabis Medicinale e già regolamentate nei dettagli dal d.pr 309/90, inizia una politica di chiusura totale nei confronti di tutti gli attori potenzialmente coinvolti nel nuovo mercato nascente in Italia, e per scelta non vengono concesse ulteriori autorizzazioni riguardo la cannabis. Nel febbraio 2014, con la sentenza n. 32 la Corte Costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale, per violazione dell'art. 77, secondo comma, Cost., che regola la procedura di conversione dei decreti-legge, degli artt. 4-bis e 4-vicies ter del d.l. 30 dicembre 2005, n. 272 (intitolato “Misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonché la funzionalità dell'Amministrazione dell'interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi”), come convertito con modificazioni dall'art. 1 della legge n.49, così rimuovendo le modifiche apportate con le norme dichiarate illegittime agli articoli 73, 13 e 14 del d.pr 309/90 (Testo unico in materia di stupefacenti).
Nel settembre 2014 viene deciso, con un accordo tra i Ministeri della Salute e della Difesa che, per soddisfare il bisogno sempre più cresente di prodotto vegetale che può solo essere importanto dall'estero con grandi costi per l'utenza, sarà incaricato i'Istituto Farmaceutico Militare di Firenze per la coltivazione delle piante destinate al mercato farmaceutico e la produzione dei principi attivi per la formulazione di preparazioni a base di cannabinoidi.
Con la scusa di associare la capacità produttiva farmaceutica degli impianti dello Stabilimento Militare, alla sicurezza, data dalla sorveglianza armata dell'istituto.
Con un colpo di mano il Ministero crea un monopolio di fatto che chiude completamente il sistema produttivo farmaceutico e la filiera Italiana della cannabis terapeutica, accentrando tutte le responsabilità, gli oneri e onori in pratica all'Istituto Farmaceutico Militare di Firenze.
Normalmente uno stato civile e moderno, così come accedde ad esempio in Olanda, avrebbe indetto una gara di appalto pubblico, rivolto a produttori farmaceutici autorizzati, che sarebbero stati in grado di fornire un prodotto standardizzato, dopo adeguata prassi di R&D, senza costi aggiuntivi pubblici e in un normale mercato di libera concorrenza si sarebbe arrivati in breve tempo ad avere qualità di prodotto ad un prezzo inferiore.
Invece, solo nel caso specifico della Cannabis ad uso farmaceutico, in totale contrasto alle norme consuete del mercato farmaceutico, lo stato si inbarca direttamente in un'impresa industriale senza alcuna conoscenza, esperienza o garanzia in mano, investendo una cospicua dose di capitali e risorse pubbliche, in regime di monopolio, rischiando solo una misera figura, inseguendo un "affare" che pare vantaggioso più per le casse dello stato, in prospettiva di speculazione sulla posizione dominante di monopolista, più che per i pazienti che richiedono garanzie di qualità in tempi brevi.
Si deve infatti attendere ben più di un anno, sino al dicembre 2015, per conoscere i dettagli dell'ambizioso progetto ministeriale e comprenderne appieno i numerosi punti di debolezza.
Il 9 novembre 2015 (con decorrenza dicembre 2015) viene pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Ministeriale che crea anche per l'Italia un ufficio di controllo per la Cannabis medicinale simile all' OMC olandese, in ottemperanza dell'art. 21 e 23 della Convenzione Unica sulle sostanze stupefacenti del 1961, che prevede appunto l'istituzione di un organismo di controllo statale, colmando tralaltro un esigenza prevista con un ritardo di più di 50 anni...
Il Ministero della Salute, nel decreto, approfitta per inserire una serie di nuove norme speciali e uniche per il mercato farmaceutico della Cannabis.
In una presa di posizione unica nel suo genere, il Ministero produce un documento che assomiglia di fatto ad un foglietto illustrativo di un formulato industriale, con norme speciali sulla filiera produttiva della cannabis, pesanti limitazioni normative, che di fatto assicurano più il monopolio della produzione statale, piuttosto che garantire una produzione autorizzata volta alla qualità del prodotto in tempi brevi.
Il risultato concreto che gli operatori del settore toccano con mano è una assurda complicazione delle procedure burocratiche, con l'introduzione di nuove carte, nuovi passaggi, senza che venisse risolto il problema dell'approvvigionamento in tempi brevi e a costi ragionevoli della materia prima.
Per mantenere la propria posizione di monopolio, il Ministero della Salute mescola abilmente le carte nel decreto, confondendo, per le richieste e i permessi autorizzativi, i due canali distinti attraverso cui un vengono prescritti Cannabinoidi ai pazienti. La via della formula magistrale galenica, personalizzata, estemporanea e su misura paziente per paziente, che segue precise regole (che di fatto è la via più utilizzata attualmente in Italia sia come volume di vendita che per numero di prescrizioni), viene confusa e sovrapposta con la via industriale e su larga scala dei farmaci immessi in commercio.
Per la Cannabis, e solo unicamente in questo caso nella storia della farmaceutica e della farmaognosia, la droga vegetale, definita come "parte della pianta dove si concentra la maggior parte del principio attivo", viene erroneamente e abilmente confusa come "principio attivo" (sostanza pura, estratta tramite solvente o sintetizzata chimicamente, dotata delle attività farmacologiche). E come dire che il chicco del caffè è la caffeina, o il papavero da oppio è la morfina, o il salice è l'aspirina, la foglia del tè è la teina, ecc...
Nella Cannabis la droga vegetale è l'infiorescenza femminile non impollinata ed essiccata.
Nessun processo di estrazione con solventi o sintesi chimica.
Per la cannabis inoltre, non ha molto senso parlare di un principio attivo, quanto più di fitocomplesso.
Nei tricomi ghiandolari la pianta produce più di 600 sostanze diverse, compresi i principi attivi di interesse per l'Ufficio centrale degli Stupefacenti (il delta 9 THC e il delta 8 THC), che tutte insieme, con un effetto "enturage", concorrono all'effetto terapeutico e medicinale della cannabis. E' dimostrato che il fitocomplesso intero può essere più efficace con meno effetti collaterali, rispetto alla formulazione di puri principi attivi isolati.
Se apparentemente il confine può sembrare sottile, a livello della normativa farmaceutica, la differenza nelle diverse strutture ed impianti che servono per produrre una droga vegetale o un principio attivo è molto ampia.
Un' azienda agricola che coltiva o produce piante officinali, solitamente produce droghe vegetali, anche eventualmente stupefacenti, un'officina farmaceutica produrrà successivamente un farmaco, estraendo principi attivi, formulando una forma farmaceutica (compresse, fiale, spray, supposte. cerotti..) e fabbricandola per via industriale su larga scala.
Le autorizzazioni sono molto diverse e ovviamente risulta la normativa molto più complessa per un'officina farmaceutica.
In Italia manca, di fatto la droga vegetale che il farmacista dispensa ai pazienti con ricetta medica, non un farmaco creato attraverso un estrazione di THC. Per quello abbiamo già a disposizione il Marinol, o il Sativex.
Se, ad un osservatore poco attento, l'intenzione potrebbe apparire nobile, di fatto, introducendo nuove richieste autorizzative che coinvolgono ulteriori Enti statali come il Ministero delle Politiche Agricole, le Asl le regioni e AIFA, il Ministero si garantisce ulteriori 24 mesi di monopolio nelle sperimentazioni, prima di poter fornire il mercato farmaceutico. Il sistema risulta paralizzato dalle autorizzazioni necessarie alla produzione, che il Ministero, nel doppio ruolo di committente e di controllore di se stesso, non concede ad altri soggetti, anche se in possesso dei necessari requisiti.
Il timore di tutti è che allo scadere dei 23 mesi ci si trovi davanti ad un ennesimo rinvio...
Attualmente dunque rimangono possibili in Italia tuttora i due canali di approvvigionamento, ognuno ben distinto e caratterizzato per indicazioni, posologia, prescrivibilità, rimborsabilità e prezzo, perdurando comunque la necessità e l'obbligo di importazione dall' estero di tutti i farmaci contenenti cannabinoidi, sia quelli sotto forma di droga vegetale, sia come formulati industriali.
Ci si augura che il Ministero contatti degli esperti in materia informati, che li aiutino ad uscire da questo imbarazzante empasse, che però di fatto danneggia i pazienti che necessitano e hanno diritto ad una terapia, spesso indispensabile, a costi adeguati.